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A RISCHIO GLI ARRIVI DI TURISTI RUSSI E UCRAINI: IN VENETO, PRIMA DELLA PANDEMIA, RAPPRESENTAVANO 1,3 MILIONI DI PRESENZE E 200 MILIONI DI EURO DI SPESA

A RISCHIO GLI ARRIVI DI TURISTI RUSSI E UCRAINI: IN VENETO, PRIMA DELLA PANDEMIA, RAPPRESENTAVANO 1,3 MILIONI DI PRESENZE E 200 MILIONI DI EURO DI SPESA

Data Pubblicazione25 Feb 2022

Comunicato stampa 25 febbraio 2022

La Fondazione Think Tank Nord Est teme la possibile contrazione del movimento turistico da Russia e Ucraina: dopo lo stop dovuto alla pandemia, il turismo in Veneto rischia nuove ripercussioni

 

Gli scontri in corso tra Russia e Ucraina rischiano di causare effetti negativi anche per l’economia veneta. Oltre all’impatto sull’export delle aziende manifatturiere, anche il settore turistico, che contava di poter tornare ad accogliere numerosi ospiti stranieri dopo le restrizioni legate alla pandemia, potrebbe andare incontro ad una forte riduzione degli arrivi dai Paesi coinvolti dal conflitto. In questa prospettiva, la Fondazione Think Tank Nord Est ha stimato quanto valeva il mercato russo e ucraino per il settore turistico del Veneto prima della pandemia.

Nel 2019, in Veneto, a conclusione di un triennio di forte ascesa, le presenze turistiche provenienti dalla Russia avevano nuovamente superato la quota di un milione, come in precedenza successo solo nel 2013. Nel 2000, i pernottamenti di turisti russi erano solo 135 mila. Anche i turisti ucraini hanno mostrato una significativa crescita dal 2016 al 2019, culminata con il nuovo record di presenze turistiche, oltre quota 300 mila. All’inizio degli anni 2000, gli ospiti provenienti dall’Ucraina erano solamente poco più di 22 mila. In totale, i pernottamenti dei turisti russi e ucraini rappresentavano il 2,7% del totale degli stranieri.

I flussi turistici da Russia e Ucraina interessavano nel 2019 soprattutto il Veneziano, con oltre 715 mila presenze, di cui oltre mezzo milione di turisti russi e circa 190 mila di ospiti ucraini, per una quota complessiva del 2,6% degli stranieri. La provincia di Verona metteva insieme in totale 281 mila pernottamenti da Russia e Ucraina, pari al 2% del totale. Nel Padovano e nel Rodigino si registravano invece le quote maggiori: rispettivamente del 7,9% (per un totale di quasi 182 mila presenze) e del 5,9% (pari ad oltre 44 mila presenze). I pernottamenti di russi e ucraini, nel 2019, valevano il 2,7% del totale degli stranieri in provincia di Belluno, il 3,1% nel Trevigiano ed il 2,6% in provincia di Vicenza.

Il mercato russo è importante per il turismo del Veneto anche perché esprime una capacità di spesa tra le più elevate in assoluto, che nel triennio 2017-2019 si aggirava sui 170 euro circa per notte. Infatti, secondo le stime della Fondazione Think Tank Nord Est, nel 2019 i turisti russi avevano speso quasi 172 milioni di euro in Veneto, cui si aggiungono i 20 milioni circa spesi dagli ospiti ucraini, per un computo totale non lontano dai 200 milioni. In particolare, oltre 100 milioni di euro erano stati spesi nel Veneziano, ma una somma significativa aveva riguardato anche la provincia di Verona (quasi 43 milioni di euro) ed il Padovano (oltre 27 milioni di euro). Meno rilevante la spesa negli altri territori: 6,9 milioni di euro in provincia di Rovigo; 5,5 nel Bellunese; 4,7 in provincia di Treviso; 2,8 nel Vicentino.

“Il turismo è un settore basato sull’apertura internazionale – commenta Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est – ed infatti ha sofferto molto a causa delle restrizioni agli spostamenti determinati dalla pandemia. Ora, il conflitto in corso tra Russia e Ucraina mette a rischio gli arrivi dei turisti da un mercato importante, che aveva conosciuto una crescita sostenuta fino al 2019. Si tratta quindi di una nuova minaccia per le imprese turistiche del Veneto, sia per la possibile riduzione del movimento turistico, sia per le eventuali ripercussioni ad esempio sul costo dell’energia. Ci auguriamo quindi una pronta soluzione, in primis per la sicurezza delle popolazioni coinvolte, ma anche per poter guardare con maggiore fiducia al futuro – conclude Ferrarelli – che per il settore turistico non può prescindere da un contesto di libera circolazione delle persone”.

 

 

 

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