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Veneto Orientale: con le fusioni dei Comuni 187 milioni di euro in 10 anni

Veneto Orientale: con le fusioni dei Comuni 187 milioni di euro in 10 anni

Data Pubblicazione26 Set 2018

E’ proprio il caso di dire: la fusione fa la forza. E arricchisce pure. Secondo lo studio della Fondazione Think Tank Nord Est, ai Comuni del Veneto Orientale converrebbe decisamente puntare alla fusione tra le amministrazioni. Infatti se dai 23 Municipi si passasse a soli 10 Comuni, arriverebbero risorse per 187 milioni di euro in 10 anni.

Nello specifico, ai 12 Comuni del Sandonatese (Cavallino-Treporti, Ceggia, Eraclea, Fossalta di Piave, Jesolo, Marcon, Meolo, Musile di Piave, Noventa di Piave, Quarto d’Altino, San Donà di Piave, Torre di Mosto), che potrebbero unirsi per costituire solo 5 Comuni, arriverebbero 100 milioni di euro in 10 anni dallo Stato e quasi 3 milioni di euro dalla Regione in 3 anni, per un totale di 103 milioni di euro.

Invece, gli 11 Comuni del Portogruarese (Annone Veneto, Caorle, Cinto Caomaggiore, Concordia Sagittaria, Fossalta di Portogruaro, Gruaro, Portogruaro, Pramaggiore, San Michele al Tagliamento, San Stino di Livenza, Teglio Veneto), che potrebbero aggregarsi a formare solo 5 Comuni, spetterebbero oltre 81 milioni di euro dallo Stato in 10 anni e circa 2,7 milioni di euro dalla Regione in 3 anni, per un totale di quasi 84 milioni di euro.

Oggi, infatti, lo Stato incentiva fortemente le fusioni tra Comuni, prevedendo dei ricchi contributi decennali per le amministrazioni che scelgono questi percorsi. A questi incentivi – peraltro in significativo aumento negli ultimi anni – si aggiungono i contributi straordinari regionali e le forme premiali riservate ai nuovi Comuni nell’ambito dei bandi o nell’assegnazione di spazi finanziari, il rinvio degli obblighi di gestione associata, nonché la possibilità di assumere personale e, se necessario, di ricorrere all’indebitamento.

E come si potrebbero utilizzare tutte queste risorse? La Fondazione ha fatto alcune stime, prendendo come esempio i contributi del primo anno. Se tutte le risorse venissero utilizzate per gli investimenti, nel Sandonatese avremmo un +64% e nel Portogruarese +56%; se invece venissero dedicate al miglioramento dei servizi si registrerebbe un +9% nel Sandonatese e un +11% nel Portogruarese; se infine tutti i contributi fossero utilizzati per ridurre i tributi propri (escluse Tasi e imposta di soggiorno) avremmo una riduzione del -20% nel Sandonatese e del -25% nel Portogruarese. Ipotizzando di prendere tutte le risorse ottenibili e riservarle solo a una materia, in un solo anno, nel Sandonatese si potrebbe ottenere +168% di contributi per la sicurezza, oppure +99% per l’istruzione, oppure +321% per il turismo, o infine +59% per il sociale. Secondo la stessa logica, nel Portogruarese si registrerebbero performance ancora più interessanti: sicurezza +221%, istruzione +154%, turismo +499%, sociale +89%. Se invece si decidesse di dedicare tutte le risorse del primo anno alla riduzione di alcune imposte, si potrebbe ridurre l’IMU di circa un terzo oppure azzerare del tutto o quasi l’addizionale Irpef. Senza considerare la possibile eliminazione della Tosap o dell’imposta sulla pubblicità.

“Oggi i Comuni più piccoli non riescono a fornire servizi di qualità a imprese e cittadini: per questo la fusione del proprio territorio con altri Municipi non può più essere un argomento “demonizzato” ma è una opportunità – sostiene Antonio Ferrarelli, presidente della Fondazione Think Tank Nord Est –. Le sole unioni dei Comuni si sono dimostrate strumenti spuntati, perché non portano grandi risparmi e non consentono di intercettare la fetta più grande dei contributi statali e regionali, risorse che possono migliorare i servizi per cittadini e imprese. Davanti all’opportunità economica data dalle fusioni casca infatti l’alibi del dire che mancano le risorse; in realtà con le fusioni le risorse milionarie per il territorio e i cittadini ci sarebbero, ma spesso la politica locale non ha il coraggio di mettersi in gioco per il bene dei cittadini. Eppure, proprio i Comuni più piccoli e le frazioni più remote otterrebbero benefici maggiori. Politicamente, inoltre, la fusione è anche un modo per pesare di più a livello politico, e iniziare a programmare il futuro del territorio e della Comunità all’interno di una prospettiva di area vasta – conclude Ferrarelli – ma il primo passo da fare è quello di uscire da una logica amministrativa ormai superata e a volte dannosa, quella di difendere il proprio campanile”.